Sorprendenti i risultati di una serie di studi che mette in relazione il consumo di caffè con la longevità e l’insorgenza di infarti, diabete e tumori al fegato.
Amanti della caffeina, buone nuove: potete bere tranquillamente le vostre tazzine giornaliere, senza temere i rimproveri del medico.
La rassicurazione giunge dal dottor Gianni Biolo, associato di Medicina interna dell’Università di Trieste, che durante il convegno “Caffè Trieste”, tenutosi a fine novembre presso la Camera di Commercio, ha divulgato i risultati di una serie di sorprendenti studi su caffè e salute.
Quando ci si chiede se il caffè fa bene o male si rischia facilmente di incappare nei luoghi comuni, sia che lo si esalti, sia che lo si demonizzi. È bene, pertanto, chiarire alcuni concetti fondamentali.
Innanzitutto bisogna riconoscere che non esiste una regola valida per tutti: la sopportazione clinica del caffè varia da persona a persona. La tolleranza non ha nulla a che vedere con il gusto, bensì dipende da una base individuale prettamente fisiologica.
In secondo luogo si tenga presente che la caffeina è solo uno dei tantissimi composti riconoscibili nel caffè. Ed in questa moltitudine di composti poco noti, molti sono antiossidanti.
Ma allora il caffè fa bene o male? Vari recenti studi hanno messo in relazione il consumo di caffè con l’insorgenza di alcune malattie e in secondo luogo con la longevità. In altre parole, è stata valutata l’incidenza di malattie cardiovascolari, del diabete e delle neoplasie al fegato (ovvero le malattie in cui il caffè è considerato fattore di rischio) su un campione di “bevitori” ed uno di “non bevitori”. La ricerca, naturalmente, si è protratta per un lasso di tempo piuttosto esteso, che va dai 5 ai 20 anni.
Ebbene, i risultati, ha confessato il dottor Biolo, erano talmente inaspettati da lasciar sorpreso in prima battuta lui stesso. Ci si è accorti, infatti, che l’assunzione di caffè, anche consistente, non ricopre alcun ruolo nell’insorgenza di tumori al fegato, così come non aumenta il rischio di infarto. L’aumento della pressione arteriosa sarebbe, infatti, solamente transitoria.
I risultati più entusiasmanti, tuttavia, sono emersi sul fronte del diabete: non solo il caffè non ne determina la comparsa, ma addirittura la ridurrebbe.
Infine, in merito alla spettanza di vita, circa una ventina di studi ha dimostrato che questa è leggermente superiore in coloro che bevono caffè.
E allora niente più timori quando il vostro medico indagherà su quanto caffè bevete: potrete andar fieri delle vostre tazzine.
CURIOSITÀ
I geni del gusto
Il caffè lo preferite amaro o zuccherato? Indipendentemente dalla risposta sappiate che il gusto c’entra solo in parte. È una questione di geni. Lo dice l’Università di Trieste che sta conducendo degli studi sulla base genetica delle preferenze alimentari.
Polvere da gustare
Tagliatelle al caffè, risotto capperi e caffè, arrosto di maiale con salsa al caffè… sempre più spesso ci vengono proposti piatti insaporiti con l’inconfondibile miscela. E se volessimo prepararli pure noi? Lo chef Luca Morgan consiglia di utilizzare sempre la polvere macinata (non la bevanda) e se i piatti sono destinati ad una cena, usate pure il decaffeinato: il sapore non cambia e non rischierete di far passare la notte insonne agli ospiti più sensibili.
Crisi e pausa caffè
Caffè sempre, anche in tempi di crisi. All’amata tazzina gli italiani non rinunciano. Ma per far tornare i conti, lo prendiamo dai distributori automatici dove costa la metà rispetto al bar. A parlare sono i dati dei consumi del caffè 2008: bar -10%, distribuzione automatica +12%.
(Convegno “Caffè Trieste” novembre 2009, Camera di Commercio di Trieste)
Susanna de Mottoni
Pubblicato sul numero di dicembre 2009 di Sport&Beauty Trieste