Il comune denominatore tra carnevale e caffè è il paese che copre il 30% della produzione mondiale con un consumo nazionale che supera quello del prodotto esportato: il Brasile.
Il Carnevale in Brasile è musica, scuole di Samba e gente, tanta gente. Fù portato dai portoghesi, col nome di “Entrudo”: era l’ultima festa trasgressiva, la “porta” che introduceva alla quaresima. Per tradizione si teneva il lancio delle “limões de chiedo”: palle di cera riempite di sostanze profumate. Ma col tempo si tirò anche limoni e arance, al posto dei profumi si usò di tutto, fin le feci, e si passò dalla burla a momenti di contestazione verso l’ordine costituito che fecero bandire l’ “Entrudo” nel 1853.
A Salvador de Bahia o a Rio de Janeiro il carnevale cambiò forma, dividendo fondamentalmente due classi: i bianchi e mulatti della classe media, dai neri, mulatti e bianchi poveri. Nel 1860 personaggi provenienti dalle alte classi sociali, all’interno del Teatro São João, nella città di Salvador, iniziarono a festeggiarlo con danze basate sull’opera italiana come “La Traviata”. A seguire venivano proposte varie musiche: valzer, polche e quadriglie, sfoggio di abiti, gioielli e acconciature. Fra le famiglie nobili iniziò, all’interno dei teatri, a crearsi una prima forma di competizione simile a quella che oggi vede coinvolte le scuole di samba. Il popolo invece festeggiava in strada. Dopo il primo carro, nel 1848, ancor oggi, tutta la popolazione è coinvolta e per giorni balla lungo le vie.
Un carnevale diverso da quello che viviamo in Italia, come diverse sono le abitudini che riguardano il caffè: l’italiano preferisce il caffè espresso, mentre in Brasile non si abbandona il l tradizionale “cafezinho”. Entrambi, un ottimo pretesto per stare in compagnia.