Caffeina mon amour – quando il caffè era bandito dall’Islam

Il caffè alla stregua dell’hashish e del vino. Sostanza kahmr: inebriante e intossicante. Estratto vegetale, capace di alterare l’equilibrio psicofisico dell’individuo. Bevanda servita in luoghi di dubbia moralità. Questi i proclami di coloro che si opposero alla mescita del caffè, quando, attorno alla metà del XV secolo, entrò nel mondo arabo. A introdurci in questo capitolo poco noto della storia del caffè è “Caffeina mon amour”, attraverso l’interessante selezione di scritti che Fabio Zanello ci offre.

Non solo il racconto dell’incontro tra caffè e mondo arabo e la disputa sulla liceità della sua assunzione, ma anche testi poetici. La parte più stimolante è la pignola relazione dell’emiro Kha’ir Beg al-Mi’mar, promotore di una campagna inquisitoria, pare assai feroce, ai danni degli assuntori e venditori di caffè. A questa si contrappongono gli stizziti commenti dello sceicco autore di un saggio dal titolo “Prove più forti a favore della legittimità dell’uso del caffè”, la cui finalità è “non lasciare spazio ad alcuna obiezione e dubbio, e chiudere la bocca, attraverso argomenti invincibili, agli avversari del caffè”.

Seguendo un filo rosso a noi caro, come quello del caffè, ci si ritrova in un contesto culturale di grande attualità e interesse, quello islamico, che offre spunti di riflessione di ben più ampio respiro.

Caffeina mon amour

Letteratura e poesia araba classica sul caffè e altri stimolanti
a cura di Fabio Zanello
Coniglio Editore
63 pp, 5€

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