L’ultima catastrofe che ha schiacciato Haiti risale a gennaio 2010. Il terremoto ha compromesso il raccolto di caffè del 2009-10, una risorsa dalla quale dipende la sopravvivenza di circa il 15% delle popolazioni di Haiti e che rappresenta una delle principali fonti di reddito valutati all’estero.
Alcuni dati dell’Onu degli ultimi anni ci dicono che Haiti è al 149° posto su 182 nazioni nell’indice di sviluppo umano, il 72% degli haitiani vive con meno di due dollari al giorno, la speranza di vita alla nascita è di 55 anni e l’analfabetismo arriva al 53%. Insomma, Haiti non corrisponde in nulla all’immagine stereotipata del paradiso caraibico.
Haiti è uno dei paesi più poveri non solo del continente americano ma del mondo intero, e ha un’economia basata essenzialmente sull’agricoltura, l’industria leggera e il commercio. La situazione geografica, il degrado ambientale, dovuto alle consistenti deforestazioni e allo sfruttamento intenso del territorio, l’aumento costante della popolazione lo rendono un paese estremamente esposto a qualsiasi catastrofe naturale.
I lavoratori haitiani delle piantagioni di caffè coltivano un caffè con un sapore pieno, leggermente dolce e poco acido, un “Haiti corposo”. Gli esperti probabilmente già sanno che Haiti produce Arabica lavato e naturale e tra le varietà ottenute dall’Arabica non lavato spicca la “Port Au Prince” che offre un aroma quasi piccante. Infatti ogni caffè coltivato in una determinata Nazione o, addirittura Zona, ha delle caratteristiche ben precise e definite, che lo vanno a differenziare dagli altri.
Sino a pochi anni fa il caffè di Haiti veniva molto apprezzato e usato, ma i considerevoli problemi politici interni hanno reso l’offerta proveniente da Haiti scarsa e di poca affidabilità qualitativa.
Per approfondire:
ONU (Organizzazione Nazioni Unite)
UNICEF (United Nations Children’s Emergency Fund)