Quante volte sarà capitato di leggere un annuncio di lavoro come questo senza stupirsene troppo. Eppure si tratta di un messaggio illegale oltre che umanamente e socialmente scorretto.
Nell’immaginario collettivo vi sono ancora dei lavori tipicamente femminili e altri maschili. Se non è sufficiente la Costituzione, il buonsenso e un’evoluzione culturale che oramai dovrebbe aver fatto ampiamente superare le discriminazioni sessiste, per fortuna la legge – pur con alcuni limiti – in questo caso parla chiaro: E’ vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale (art. 27, comma 1 del DLgs 198/06, riprendendo l’art. 1 della Legge 903/77 Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro).
L’articolo 27 del citato decreto legislativo è ancora più esplicito quando, al comma 2, specifica che la discriminazione è vietata anche se attuata in maniera indiretta attraverso meccanismi di preselezione ovvero a mezzo stampa o con qualsiasi altra forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l’appartenenza all’uno o all’altro sesso.
Il classico annuncio “cercasi banconiera di bella presenza” non dovrebbe quindi far indignare soltanto per i canoni di bellezza che le ambite banconiere dovrebbero rispettare, ma anche per il messaggio palesemente discriminante in base al sesso che, anche da un punto di vista legale, può essere denunciato ai Centri per l’impiego e ai Consiglieri di parità presenti a livello regionale e provinciale.
Per approfondire: Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198
Mi spiace contraddire ma ho la sensazione che la legge sia una bischerata. L’intento è lodevole ma gli effetti sono assolutamente risibili. Se ho bisogno di pubblicizzare un costume da bagno o un gioiello o un profumo chi chiamo???
Non è nell’immaginario collettivo ma nella realtà che vi siano lavori tipicamente femminili ed altri tipicamente maschili.
Prendiamo, ad esempio, la scuola media. Il rapporto femmine/maschi impiegati nella scuola è all’incirca 10/1. E’ discriminante?
Allo stesso tempo non mi sembra che esista il maschile di “badante” anche se il sostantivo è invariante rispetto al genere.
E’ difficile trovare “commessi maschi” in un supermercato o guidatrici di taxi o di TIR.
Altre professioni, invece, vedono un deciso ri-allineamento fra uomini e donne (medici, avvocati, farmacisti).
Lasciamo quindi che il barista della “bocciofila” o del “dopolavoro ferroviario” (dico così per dire – ovviamente non ce l’ho né con i giocatori di bocce né con i ferrovieri) se ha bisogno di una prosperosa ragazza di bella presenza possa cercare proprio quello di cui i suoi avventori hanno bisogno.
Qualche controllo da parte degli organi competenti forse potrebbe tutelare l’apparente rispetto della norma. Purtroppo il problema non è solo il sessismo. Propongo, alla luce dell’articolo 3 della costituzione, una lista preferenziale per i “diversamente belli” con sovvenzioni statali che favoriscano l’inserimento lavorativo di chi non rientra nella forrtunata categoria.
Senza contare il problema di essere “diversamente giovani”. Pregiudizi e superficialità sono delle brutte bestie.