Montesquieu, Parigi e il caffè

“Il caffè è l’unico luogo dove il discorso crea la realtà, dove nascono piani giganteschi, sogni utopistici e congiure anarchiche senza che si debba lasciare la propria sedia.”

Montesquieu (1689-1755) ironizza sull’abitudine diffusa a Parigi e in una lettera privata scrive: “…nei locali dove è servito, i proprietari sanno come prepararlo perché scuota le menti di chi lo beve. Quando i clienti lasciano i caffè tutti credono di essere diventati almeno quattro volte più intelligenti del loro arrivo.”

Pare che sotto il regno di Luigi XV i caffè a Parigi fossero circa 600 e che il loro numero quintuplicasse cent’anni dopo. Sono personaggi come Diderot, Rousseau e Voltaire a frequentarli assieme al pensatore, filosofo e giurista francese che sostenne la separazione dei poteri. Era iniziata un’epoca di ricerche, confronti, scoperte dove il pensiero non riusciva più a trattenersi. Un profondo desiderio di quel bene che fa godere degli altri beni, il diritto di fare ciò che le leggi permettono, così Montesquieu definisce la libertà, darà inizio a rivoluzioni che sconvolgeranno l’Europa, e il via agli stati nazionali. Che tempi fossero maturi o sia stata colpa della caffeina non si può dire.

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