Flussi migratori, Brasile e caffè: questi gli elementi che si intrecciano e formano il filo rosso della tesi in storiografia di Anisio Ciscotto Filho “L’immigrazione italiana nel Minas Gerais. La fazenda Do Rochedo negli anni 1888-1889”. [prosegue, dalla I parte]
LA FAZENDA
Gli italiani furono il gruppo di migranti più numeroso che si stanziò nella regione. Ebbero un ruolo cruciale nella vita e nell’ampliamento delle piantagioni, e nella costruzione degli insediamenti dell’area. Prima del loro arrivo, la Fazenda do Rochedo di Joaquim Clemente de Campos, la più importante, era costituita solo da un piccolo nucleo residenziale di lavoratori che poi si ampliò molto, tanto che negli anni attorno al 1920 le sue abitudini e i suoi metodi divennero un modello di produttività per l’intero Paese.
Ciscotto si sofferma lungamente sulla descrizione della fazenda e della vita dei suoi lavoratori: vi erano gli immensi terreni coltivati, ma anche gli impianti per il trattamento del caffè. Nella corte venivano messi a essiccare i chicchi, a fianco le rimesse dove venivano riposti gli strumenti per la loro lavorazione.
Allora, nella tenuta, vivevano fino a 350 coloni, tra brasiliani e stranieri, con una produzione di caffè che raggiungeva i 18mila “arrobas” di caffè pulito e lavorato (un arroba corrisponde a 25kg). La tenuta era costituita da più edifici, tutte costruzioni realizzate con il legno estratto dalle foreste abbattute per piantare il caffè.
La fortuna della Fazenda fu determinata dalla creazione di un nuovo collegamento ferroviario che la metteva in diretto contatto con la capitale dell’impero, trasformando la piantagione di caffè in un prospero investimento. Sui treni, che giungevano fino alla fazenda, vi erano vagoni riservati esclusivamente ai carichi di caffè.
Articolo pubblicato su il Notiziario Torrefattori