Dai primi sacchi a oggi: breve excursus caffeicolo sul Brasile

Che ruolo gioca il caffè nell’economia di uno dei paesi produttori simbolo? La città di São Paulo, non era nulla prima del caffè. Un pezzo di terra dimenticato, una provincia povera all’epoca dell’Impero del Portogallo, nulla più. Poi, arrivò il caffé e, grazie anche al lavoro degli schiavi, a metà del diciannovesimo secolo la cittá crebbe in maniera vertiginosa.
Ma, fu solo nel 1867 che la ferrovia e i treni arrivarono ad aprire gli orizzonti per tutti: persino le fabbriche di sacchi (a quel tempo di juta) incontrarono anni di gloria, grazie al chicco ¨verde¨.

Lo sviluppo proseguì fino alla crisi del ’29: allora si smise di comprare il caffé, i prezzi crollarono e si scelse  di innalzare la quantità a discapito della qualità. Un approccio mantenuto dal Paese fino agli anni ’90.

Negli anni ’90 la svolta: si iniziò a puntare sulla qualità e a considerare il caffè non una semplice “commodity”.  In questa nuova fase moderna, sono in molti i coltivatori che non vendono piú il chicco verde, ma, sono passati a torrefare e manifatturare la loro merce. Un’alternativa che sta prendendo piede.

La domanda interna di “caffè speciali” è in aumento e stando alle recenti statistiche, il Brasile a breve potrà affermarsi come principale consumatore di caffè al mondo. Ma il percorso per lo sviluppo della filiera caffeicola nel Paese è ancora lungo: i piccoli torrefattori non sanno ancora abbinare al meglio il torrefatto alle macchine espresso. Non esiste ancora una, seppur piccola, azienda brasiliana che produce macchine. Si continua a importare con costi chiaramente più alti. Ma il percorso è avviato…

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